Bologna, 12 dicembre 2024 – Considerato tra i comportamenti compulsivi, il cribbing, l’odiosa pratica di aggredire i margini delle superfici in legno speso associata a quella di ‘attaccarsi’ per inghiottire aria (wind sucking) è tema di studi continui da parte degli esperti.
Apparentemente un’azione senza nessuno scopo, ripetitiva e ritmica, non significa che il crib-biting sia però innocuo. Oltre a evidenti danni a porte e steccati, è un comportamento che a lungo andare compromette i denti del cavallo, e con loro una assimilazione corretta degli alimenti. E siccome ogni cosa è strettamente collegata, ne deriva anche una cattiva condizione fisica generale e performance scadenti. Infine, non si sottovalutino mai, il crib-biting può essere all’origine di disordini gastrointestinali.
Insomma, un vero disastro che è sotto la lente d’ingrandimento degli esperti da circa 400 anni. Nel tempo si è data la colpa per questo disordine comportamentale alla domesticazione, alla struttura del cervello, alla genetica. Si è pensato che fosse conseguente ad altri problemi di natura fisica… Senza tuttavia venire a capo del problema. Del resto, i comportamenti compulsivi sono avvolti dalle ipotesi anche in medicina umana. Ma gli studi vanno avanti e le teorie si aggiornano via via.
Le ultime teorie
Secondo gli studi più recenti, il cribbing sarebbe un meccanismo che il cervello mette in atto per mediare lo stress. Non un vizio come spesso si è detto in passato, bensì una contromisura.
Uno studio condotto da Jéssica Carvalho Seabra, PhD, dell’Università Federale di Paraná, a Curitiba, Brasile, e della Colorado State University, a Fort Collins su un campione di 18.863 equidi, evidenzierebbe che più di ogni altro fattore, sembra che i cavalli sviluppino il cribbing e altri comportamenti compulsivi quando subiscono uno stress intenso e/o prolungato.
Dall’altra parte del mondo, le ricercatrici svizzere Elodie e Sabrina Briefer hanno studiato il cribbing per più di un decennio. Tra le loro scoperte su questa condizione, hanno rilevato che i cavalli che esibiscono questo comportamento hanno livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) più bassi rispetto a quelli che ne sono indenni durante l’apprendimento di compiti complessi. Questo confermerebbe che il cribbing potrebbe essere un meccanismo di gestione dello stress.
È importante notare che il cribbing, come altre stereotipie, non dovrebbe essere definito un vizio solo perché si tratta di un comportamento apparentemente senza scopo: il cavallo non è cattivo o dispettoso. Piuttosto, i cavalli che mostrano questo comportamento hanno trovato, a loro modo, un sistema per far fronte allo stress che altrimenti non riuscirebbero a sopportare.
La complessità del cervello
Stereotipie come il cribbing sono associate alla disfunzione della dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nell’apprendimento. Le ondate di dopamina nello striato, parte dei gangli basali del cervello, rafforzano l’apprendimento e la formazione di abitudini. Ma lo stress può interferire con il rilascio di dopamina che a sua volta può creare cambiamenti fisici permanenti nello striato. Questi cambiamenti permanenti spiegherebbero perché i cavalli che manifestano il cribbing raramente smettono.
Contravvenendo a quanto abbiano pensato fino a pochi anni fa, il cribbing non è un comportamento che si apprende per imitazione e non è direttamente relazionabile agli acidi gastrici e quindi alle ulcere. I cavalli che esibiscono questo comportamento sono tuttavia più proni alle coliche e il problema potrebbe delineare una famigliarità genetica. Risulterebbero anche più sensibili al tatto.
E la soluzione? No, per adesso non c’è. Anche se è stato osservato che il comportamento tende ad attenuarsi con l’impiego di CBD (sostanze di derivazione cannabinoide). Gli studi vanno avanti…